ANTONIO FACCILONGO
Habibi
“Habibi” è la cronaca di una storia d’amore, che continua nel contesto di uno dei conflitti contemporanei più lunghi e complessi, la guerra tra Israele e la Palestina.
La parola “habibi”, che in arabo significa “amore mio”, cerca di mostrare l’impatto di questo annoso conflitto sulle famiglie palestinesi, analizzando le difficoltà che affrontano nel preservare la loro dignità umana e cercando di comprendere la realtà che si cela dietro la guerra. Faccilongo ha lavorato a questo progetto dal 2015 al 2021, documentando le vicende delle mogli dei prigionieri palestinesi che hanno fatto ricorso al contrabbando di sperma per concepire figli dai loro mariti, i quali scontano lunghe pene nelle carceri israeliane.
(Le seguenti informazioni si basano su dati precedenti alla guerra e sono rilevanti ai fini dell’ideazione e del successivo sviluppo del progetto, n.d.r.)
Sono circa 7.000 i palestinesi detenuti, e quasi un migliaio di loro sconta pene di 20 anni o più. Le visite coniugali sono negate e i prigionieri palestinesi vedono i loro familiari stretti solo per 45 minuti ogni due settimane, ammesso che succeda. Dopo una scrupolosa perquisizione personale, i visitatori possono parlare con i propri cari attraverso un telefono da dietro un pannello divisorio di vetro. Il contatto fisico è vietato, ma non ai bambini dei prigionieri, ai quali è concesso di abbracciare i padri nei 10 minuti alla fine di ogni visita. Durante queste brevi visite, con la scusa di fare regali ai figli, alcuni prigionieri hanno contrabbandato il loro liquido seminale, nascondendolo in dei tubi di penne vuoti dentro barrette di cioccolato. Questo è il metodo segreto con cui nascono i figli dei prigionieri e rappresenta una delle poche speranze per le loro mogli di avere una famiglia.
Tra il 2015 e il 2021, mentre Faccilongo lavorava a questa storia, secondo l’Ospedale Razan di Nablus, che forniva trattamenti di fecondazione in vitro in Cisgiordania, sono nati circa 90 bambini. I trattamenti venivano offerti gratuitamente a queste donne perché i loro mariti erano considerati dalla collettività come martiri viventi che hanno rinunciato alla libertà per la patria. Le vite di queste donne sono sospese in unattesa eterna per il ritorno dei loro cari. Inoltre, ricorrono alla fecondazione in vitro anche per non cedere alla condizione di prigionia dei loro mariti, affrontando coraggiosamente le difficoltà della vita quotidiana e crescendo da sole i loro figli in una zona di guerra.
Faccilongo ora segue la vita dei bambini, che stanno diventando adolescenti in una zona devastata dalla guerra. Continua anche a documentare la pratica dell'inseminazione in vitro: finché ci saranno arresti militari e politici, questa azione di resistenza continuerà.
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Antonio Faccilongo è un fotografo documentarista e regista italiano, professore di fotografia all’Accademia di Belle Arti di Roma. È ambasciatore Fujifilm X-Photographer e rappresentato da Getty Reportage. Dopo essersi laureato in scienze della comunicazione e aver conseguito un master in fotogiornalismo, si è concentrato su Asia e Medio Oriente, principalmente Israele e Palestina, trattando questioni sociali, politiche e culturali.
I suoi progetti a lungo termine sulle donne e le loro famiglie in Palestina hanno ricevuto numerosi premi e grant. Inoltre, sono stati esposti a livello internazionale in numerose mostre e festival, tra cui citiamo: World Press Photo Festival (per due volte), Les Rencontres d’Arles, Zoom Festival, Festival della fotografia etica, Exposure Photography Festival, Biennale di Buenos Aires. Sono stati proiettati al Visa pour l’image Perpignan e inclusi nella campagna globale #WomenMatter, contro la violenza sulle donne, realizzata da Dysturb.
“Habibi” is the chronicle of a love story set in one of the longest and most complicated contemporary conflicts, the Israeli-Palestinian war.
The word ‘habibi’, which in Arabic means “my love”, tries to show the impact of the long-term conflict on Palestinian families, analyzing the difficulties they face in preserving their human dignity and trying to understand the reality hidden behind the war. Faccilongo has worked on this project from 2015 to 2021 documenting the wives of Palestinian prisoners who have turned to sperm smuggling in order to conceive children from their husbands who serve long-term sentences in Israeli jails.
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(The following data is from pre-war information and is relevant to the project conception and development, editors note)
Around 7,000 Palestinians are detained, with nearly 1,000 facing sentences of 20 years or more. Conjugal visits are denied and Palestinian prisoners see their immediate family for just 45 minutes every two weeks, if at all. After a thorough body search, visitors are able to talk to their loved ones through a telephone from behind a glass window. Physical contact is forbidden, except for prisoners’ children, who are allowed 10 minutes at the end of each visit to embrace their fathers. During these short visitations, with the excuse of giving gifts to their children, some of the prisoners have smuggled their seminal fluid into empty pen tubes hidden inside chocolate bars. This is the secret method by which prisoners’ children are born and one of the few hopes for their wives to have a family.
Between 2015-2021, when Faccilongo was working on this story, according to the Razan Hospital in Nablus which provided in vitro fertilization treatments in the West Bank, around 90 babies were born. These treatments were offered free of charge to these women because their husbands were considered by the collectivity as living martyrs who have renounced their freedom for the homeland. The lives of these women are suspended in an eternal wait for the return of their loved ones. Furthermore, they do in vitro fertilization also in order not to surrender to the condition of imprisonment of their husbands and courageously facing the difficulties of daily life by raising their children alone in a war zone.
Faccilongo is now following the life of the children becoming adolescents in a war-torn zone. He is also continuing to document the practice of in vitro insemination: as long as there are military and political arrests this action of resistance will continue.
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Antonio Faccilongo is an Italian documentary photographer and filmmaker, photography professor at Rome University of Fine Arts. He is Fujifilm X-Photographer ambassador and represented by Getty Reportage. After graduating in communication sciences, and then obtaining a masters in photojournalism, he focused his attention on Asia and the Middle East, principally in Israel and Palestine, covering social, political and cultural issues.
His long-term projects about women and their families in Palestine have received several awards and grants. Furthermore his long-term projects have been exhibited internationally at numerous shows and festivals including 2 times at World Press Photo Festival, Les Rencontres d’Arles, Zoom Festival, Festival della fotografia etica, Exposure Photography Festival, Buenos Aires Biennial, screened at Visa pour l’image Perpignan and was included on global campaign #WomenMatter against the violence toward women made by Dysturb.